Dalle Ginestri Calabresi il tessuto a impianto zero
In Calabria la ginestra è presente con le due varietà di Spartium Junceum (che cresce a quote inferiori a 800-900 metri) e Cytisus Scoparius (tra gli 800 e 1500 metri) su almeno 2mila ettari del territorio regionale, in provincia di Cosenza, nel Reggino, nel Catanzarese, sulla Sila.
È stato depositato in Calabria il primo brevetto di una nuova metodologia che consente di ricavare dalle ginestre tessuti a impatto zero sull’ambiente. A metterlo a punto da un team del Dipartimento di chimica e tecnologie chimiche dell’Università Unical guidato dal professor Giuseppe Chidichimo. “Il brevetto del ‘Processo e impianto la estrazione di fibre cellulosiche da piante liberiane’ nell’ambito del progetto Forest-Comp che ha come capofila il Centro Ricerche Fiat, utilizza solo la macerazione nell’acqua in tempi ridotti. Si basa infatti su una preliminare disidratazione del vegetale seguita da una reidratazione fatta con piccole quantità di acqua a riciclo. Il vegetale rimane presso l’impianto di sfibratura pochissimo, solo un giorno. Non vengono impiegati reagenti chimici come la soda che veniva usata precedentemente e che genera residui che richiedono costi energetici onerosi per il loro smaltimento o riciclaggio”, spiega Chidichimo a Green&Blue.
Nessun impatto ambientale, dunque, anche perché le polveri asportate dall’acqua sono quelle dei terreni da cui provengono le piante e possono essere rimesse nei ginestreti. Oltre alla fibra di può ricavare anche la parte più legnosa da impiegare per usi energetici o nella realizzazione di pannelli.
La ginestra, ritrovata anche in resti di abiti negli Scavi di Pompei, ha una grande importanza nella tutela dell’habitat naturale. La sua coltivazione non richiede l’impiego di insetticidi ed anticrittogamici, al contrario di altre colture come quella del tra le quali il cotone. Non ha bisogno di terreni irrigati, ma cresce in zone anche piuttosto aride. E in più, difende i pendii dalle frane avendo radici molto lunghe e resistenti che penetrano a più di due metri di profondità.
“Durante la guerra – ricorda Chidichimo – era d’uso coltivarla attorno ai binari per non farli cedere. Oggi la diffusione dei ginestreti a fini economici può ridurre in modo determinante la frequenza degli incendi in zone collinari ora abbandonate. Adesso occorre trasferire i risultati di questo nostro lavoro alle aziende, attivando una filiera che coinvolga i produttori agricoli, i produttori di impianti, i filatoi”.